Con il patrocinio di:

Evento sostenuto dal Progetto
"Pordenone 2020: una città per tutti"

HomeStorieintervista-16

intervista-16

Storie
Racconti
dal territorio


Maria Giordana Panegos

Presidente Cooperativa Melarancia

Siamo una cooperativa sociale, giunta quest’anno al suo trentesimo anno di attività. Nel corso della nostra vita ci siamo sempre occupate di servizi educativi all’infanzia, in particolare di asili nido. Siamo partite con una struttura privata e attualmente siamo 35 socie, tutte donne. Le strutture, quando abbiamo aperto, erano rigide sia nella frequenza, sia negli orari stabiliti ai quali non si doveva contravvenire. Attualmente invece la caratteristica della nostra cooperativa è la flessibilità: siamo aperte dalle 7-7.30 del mattino fino alle 18. All’interno di questa fascia oraria abbiamo diversi possibili tempi di frequenza a scelta delle famiglie. Attualmente sono 20 i bambini e le bambine negli asili nido e 60 nella scuola dell’infanzia e tra loro c’è chi frequenta tutti i giorni, chi soltanto alcuni giorni alla settimana.

La cooperativa è nata originariamente dalla volontà del gruppo di fondatrici di fare ricerca pedagogica: quando nel ’91 abbiamo aperto i nostri nidi, se ne vedevano molto pochi e soltanto allora stavano uscendo da una visione assistenzialistica dei servizi. Io sono psicoterapeuta infantile, le prime socie erano educatrici e psicologhe e ci piaceva tantissimo l’idea di avere un posto dove sperimentare e progettare interventi innovativi. Ancora oggi è questo è il nostro approccio, infatti seguiamo un’impostazione di pratica psicomotoria che è basata sulla libertà del bambino e della bambina, sul gioco, sul movimento. Siamo state le prime, non c’erano, allora, servizi che si fondassero su questa idea pedagogica. Eravamo donne giovani, mamme, e alla fine degli anni ’80 il contesto era quello in cui i bambini non si facevano presto, le madri tenevano moltissimo alla formazione dei loro figli e, nel contempo, avevano necessità di un servizio con orari flessibili, che venisse incontro alle loro esigenze di donne lavoratrici. Per dirne una, i servizi pubblici chiudevano d’estate ma non tutte le famiglie andavano in ferie da giugno a settembre e quindi spesso, soprattutto in assenza di reti familiari di supporto, si trovavano in difficoltà nella gestione dei figli. Nella mentalità di quel momento servizi come il nostro sembravano rispondere a necessità inusuali, i servizi pubblici non riconoscevano questo bisogno di una società che stava cambiando.

Quando abbiamo aperto siamo partite prendendo in affitto una villetta molto bella con un giardino. Con il passare del tempo ci siamo rese conto che l’Italia ha un patrimonio edilizio pubblico enorme, spesso sotto valorizzato, che viene gestito con poca attenzione. Per esempio, noi abbiamo ristrutturato spazi e poi, andando a gara, magari li abbiamo persi perché l’ente pubblico non ha tenuto conto di questo nostro investimento.
Sono due le principali scelte di fondo fatte dalla cooperativa: la prima di non uscire dal territorio pordenonese e questo per una questione di qualità dei servizi che eroghiamo, perché così ci garantiamo un’equipe strutturata senza bisogno di subappaltare servizi. La seconda di non acquistare spazi, soprattutto per consentire la creazione di poli innovativi, e di produrre una gemmazione, generare altre esperienze, che è più facile se affitti e non compri la struttura.

Con la pandemia sono cambiate molte cose a partire dalla principale: ci è mancata la relazione con i bambini e le bambine.
Abbiamo subito approntato un portale ‘Melarancia connette’ perché avevamo necessità di fare didattica di vicinanza: aiutare i bambini e le bambine a non ‘separarsi’ a causa della distanza fisica, e aiutare i genitori. Tra l’altro i bambini e le bambine che frequentano le nostre strutture sono abituati da sempre ad essere molto attivi e per questo, in qualche modo, è ancor più difficile tenerli in casa. Inoltre, il primo compito importante e difficile che ha comportato una grande resilienza è stato far sì che l’equipe delle educatrici non si smembrasse, non si sfilacciasse. Direi che, con il senno del poi, il team ne è uscito rafforzato, malgrado la ristrutturazione del progetto pedagogico in relazione alle norme di sicurezza anti-Covid sia stata un’operazione complessa. Sicuramente in questo ci ha aiutato restare vicine e unite nei mesi di lockdown, che per molti è stato un periodo di rottura di legami sociali. I genitori ci sono stati accanto e tutti i rapporti si sono consolidati e rafforzati anche con loro. Concluso il lockdown, una volta aperto, abbiamo fatto una grande estate anche assumendo nuovo personale e formando nuove educatrici.

Per il futuro, anche in relazione alle grandi risorse che arriveranno con il PNRR, credo che si dovrà prestare molta attenzione a mantenere alta la qualità dei servizi per l’infanzia erogati sia dal terzo settore che dagli enti pubblici.