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Alessandro Melina Bares

Responsabile relazioni industriali Electrolux Professional

Electrolux Professional è uno dei principali fornitori globali di soluzioni per servizi legati al food & beverage e serve un’ampia gamma di clienti in tutto il mondo, che va dai ristoranti alle strutture sanitarie, da quelle educative agli ospedali. Siamo presenti in 110 paesi con 12 unità produttive in 7 paesi con circa 3500 dipendenti. Siamo un’azienda svedese, la casa madre è a Stoccolma, ma manteniamo le nostre radici locali: uno dei nostri più grandi siti produttivi è a Vallenoncello.
Siamo orgogliosi delle nostre radici e ci piace definirci un’azienda ‘glocal’: continuiamo a investire a livello globale ma contestualmente manteniamo un forte radicamento locale.

Come azienda il nostro obiettivo è rendere la vita dei nostri clienti più semplice, profittevole e sostenibile offrendo loro un modello di soluzioni completo ma, al contempo siamo consapevoli che questa impostazione di business si fonda sull’attenzione nei confronti dei nostri dipendenti.

Quando è cominciata la pandemia ci siamo subito attivati per mettere in salvaguardia sia i nostri ‘clienti interni’ – i dipendenti – sia quelli esterni: nei comparti dove era possibile, abbiamo investito nello smart working e, in particolare, nella gestione dei team in modalità remota a cui non eravamo ancora abituati. Dove non era possibile adottare questa modalità di lavoro, ad esempio nei reparti produttivi, abbiamo implementato le condizioni di sicurezza per i lavoratori coinvolgendo le organizzazioni sindacali e definendo un percorso condiviso che potesse innanzitutto salvaguardare la loro salute, ma anche non interrompere la produzione.

La pandemia è stata anche l’occasione per cambiare il modo di vendere i nostri prodotti e di introdurne di nuovi, in coerenza con l’esigenza di una migliore sanitizzazione. Nel comparto dell’assistenza tecnica, abbiamo invece investito e sviluppato dei sistemi digitali più evoluti al fine di dare un supporto immediato e garantito a quei settori, come ad esempio gli ospedali, che necessitavano di assistenza durante il lockdown.

Durante la pandemia abbiamo anche lavorato su altri fronti. Per esempio ci siamo premurati di consolidare i rapporti con i nostri fornitori, la terza area d’intervento del nostro business, ma anche, grazie ad un team veloce ed efficiente, di non interrompere le nostre attività di vendita o assistenza a settori come quello della ristorazione, che è stato duramente colpito dalla pandemia.
Siamo un’azienda responsabile sul piano sociale con radicamento territoriale e per noi questo è uno degli aspetti qualificanti del nostro agire. Per questo motivo, seppur anche per noi sia stata una situazione di assoluta gravità, non abbiamo interrotto il nostro sostegno alla comunità facendo donazioni agli ospedali di Pordenone e di Modena.

Sul fronte aziendale, nel pieno della pandemia, siamo stati pronti investire in settori nuovi, visto che alcuni di quelli tradizionali versavano in grossa crisi. In questo contesto è emerso con tutta la sua forza lo ‘spirito di sopravvivenza aziendale’ che, di fronte a un evento non prevedibile, quantomeno di questa portata, ha dato a tutti noi lo stimolo per andare avanti e impegnarsi ancora di più.

Questa è stata un’esperienza che ci ha indicato, innanzitutto che l’azienda può funzionare bene in modalità remota e poi che uno dei fattori decisivi, da considerare anche nei piani futuri, è la capacità di adattamento aziendale di fonte a eventi non prevedibili. Più precisamente la velocità d’implementare soluzioni nuove, che forse è la vera resilienza di un’azienda.

Per noi questa è stata l’ennesima dimostrazione di come tutto parta dal fattore umano, dalla variabile aziendale, dalle persone, perché è la variabile umana quella che ha le più alte potenzialità di miglioramento e che richiede continui investimenti.

Due esempi ce lo fanno ben capire e dimostrano anche lo sforzo che abbiamo fatto. Il primo riguarda i cambiamenti che abbiamo introdotto nel management del team da tradizionale a remoto. Il secondo ha invece a che fare con l’adozione di soluzioni che – per noi che siamo una multinazionale – devono essere adattate alle diverse culture dei paesi in cui lavoriamo.

In tutto questo, il contesto territoriale di Pordenone è stato di grande aiuto, e ha dimostrato ancora una volta la sua grandissima resilienza. Come nel post terremoto, quando nella comunità colpita e scioccata ha cominciato piano piano a prendere posto la voglia di reagire, così nel pieno di questa pandemia e subito dopo, la comunità saprà reagire: è nel nostro DNA, come il bisogno di lavorare. Consci di queste caratteristiche, in azienda ci siamo subito adoperati per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, perché sapevamo che sarebbe emerso il “bisogno” di venire a lavorare, di andare avanti e, anche di per allargare lo scambio con le altre aziende del territorio per mettere a punto e scambiarsi le ‘best practice’, ma anche per sentirsi meno soli.