Storie
Racconti
dal territorio
Serena Mizzan
Direttrice Science Centre Immaginario Scientifico
L’Immaginario Scientifico nasce come mostra a Parigi nel 1986: oggi siamo un museo di quarta generazione, cioè un museo della scienza sullo stile della Villette di Parigi. È un genere museale senza patrimonio: qui la visita si basa sull’esperienza diretta e sensoriale. La cosa fondamentale è “mettere le mani” sugli oggetti esposti: l’osservazione del loro funzionamento consente di acquisire autonomamente delle informazioni.
Quindi, i principi fondanti della nostra attività non sono mutuabili nel digitale e la nostra prima reazione alla tragedia provocata dal Covid è stata di estrema difficoltà. Ma abbiamo deciso subito di dare un contributo al territorio di Pordenone, dove abbiamo sede ormai da 10 anni: durante l’estate quando abbiamo scelto di rimanere chiusi come museo e abbiamo messo a disposizione i nostri spazi per ospitare i centri estivi, che abbiamo gestito noi direttamente.
In questo periodo la nostra resilienza si è manifestata nell’essere in grado di inventare delle attività che potessero farci percepire come ancora presenti.
Come tutti i musei, abbiamo realizzato video e attività a distanza con le scuole, mentre prima facevamo tutto soltanto in presenza, proprio perché il nostro approccio è sperimentale nel senso etimologico del termine. Adesso abbiamo tantissime richieste per le attività online, ma è una cosa che non sta nel nostro cuore. C’è poi una questione economica che non è affatto secondaria: le persone sono disposte a spendere per fare attività in presenza, ma non per le attività online. Quindi è un modello di intervento non economicamente sostenibile. È stata un’azione necessaria per non scomparire dal mercato.
È stata però anche un’occasione per imparare a lavorare a distanza, sviluppando strumenti di tipo gestionale che avremmo dovuto affrontare prima. Dal punto di vista interno/organizzativo molte cose sono cambiate e rimarranno tali, in quanto si sono rivelate molto positive.
A sostegno di quest’anno spaventoso abbiamo potuto godere di contributi sia da parte della Regione Friuli Venezia Giulia, sia a livello statale.
Siamo riconosciuti sia dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca come centro di eccellenza per la divulgazione, sia dal MIBACT come museo. A Pordenone nel 2020 c’è stato un calo della vendita di biglietti dell’80% rispetto al 2019 e per il 2021 non credo ci saranno grandi cambiamenti. Sono convinta che il vero cambiamento lo vedremo fra un anno, con il turismo che si riattiverà a Pasqua 2022, e quando riprenderanno le visite scolastiche. Su 60 mila biglietti che strappiamo ogni anno (in tutte le sedi), 40 mila sono infatti legati al turismo scolastico.
Per quanto riguarda i servizi che offriamo, saranno al 90 % di nuovo in presenza. Il nostro punto di forza sono gli exibit al museo. Gli altri servizi sono i laboratori sperimentali, le demonstration, le notti al museo, le feste di compleanno a tema scientifico, le attività di “tinkering”: quest’ultima è una metodologia che prevede di mettere le persone di fronte a un problema, la cui soluzione sta nella costruzione di un prototipo. Per tutte queste attività noi usiamo la locuzione “pensare con le mani”.Abbiamo fatto una convenzione con il Comune di Pordenone per riconoscere ai cittadini residenti il biglietto ridotto, e questo vale anche per le scuole.
L’amministrazione comunale ha capito molto bene che possiamo essere una risorsa del territorio e l’attività dei centri estivi ne è un esempio. Il nostro obiettivo è consolidare un rapporto che fatica a rafforzarsi forse anche a causa del fatto che la nostra sede non è in centro ma a Torre: viene quindi percepita come fuori dalla città, anche se in realtà è molto vicina. Diversa è l’esperienza fatta a Trieste, conosciuta come “città della scienza”: siamo fortemente legati al sistema scientifico ma anche alla cittadinanza. Negli ultimi due anni si è consolidata anche la relazione con le imprese del territorio, tanto che alcune sono ora partner del museo.